Skip to content

[Genova] La bellezza è nelle strade

Testo di un volantino distribuito a Genova:

La bellezza è nelle strade

“Mai come oggi si è sentito tanto parlare di civilizzazione e cultura, mentre è la vita stessa che sta scomparendo. E c’è una strana corrispondenza tra questo crollo generale della vita, che comprende ogni singolo sintomo di demoralizzazione, e questa ossessione per una cultura pensata per tiranneggiare la vita”
A.Artaud

Succede che a Genova da qualche mese sia in corso una bella mostra sul tema del viaggio nell’arte del XIX e XX secolo, a partire dall’opera di Van Gogh.
Succede che il biglietto di questa mostra costi 13 euro, ovvero l’equivalente di oltre due ore di lavoro (in nero) per la maggior parte di coloro che sono chiamati a pagare la crisi, soldi che normalmente servono a mettere assieme il pranzo con la cena.
Succede che chi, nonostante gli anni noiosi della scuola, ha imparato ad apprezzare l’arte, ha capito che il modo migliore per convertire le nozioni trasmesse da pedanti manuali in oggetto di reale piacere e conoscenza, sia quello di vedere le opere d’arte dal vivo.
Succede che, mercoledì 18 aprile scorso, una ventina di persone, giovani e meno, anarchici e no, mettendo assieme tutto ciò, abbiano deciso di vedere la mostra ma di non voler (o poter) pagare quel prezzo. Non lo hanno fatto a sfregio degli altri visitatori, anzi, con striscione e volantini, ne hanno fatto un’azione politica, di rivendicazione per tutti a viversi l’arte “senza padroni”. Una volta entrati senza biglietto neanche l’imbarazzato intervento del direttore ha evitato che potessero godere dell’intera mostra fino all’ultima sala.
E’ successo che la risposta a questa iniziativa sia stata l’irruzione nelle sale di un manipolo di carabinieri, un plotone di celerini schierati in antisommossa nel piazzale antistante palazzo Ducale e la successiva caccia all’uomo nei vicoli. Questa brillante operazione di “sicurezza” si è conclusa con il fermo, la deportazione in questura e la denuncia per resistenza a pubblico ufficiale di uno di questi ardimentosi facinorosi, nonché con l’identificazione di tutti gli altri accorsi a presidiare la questura in solidarietà.

Ora, che celerini e questurini non siano soggetti dotati di particolare sensibilità, è risaputo. La bellezza, in quanto “promessa di felicità”, non può essere da loro, esseri infelici, compresa e apprezzata. Dovendo difendere l’ordine costituito non possono che perseguitare gli amanti della libertà. Cosa possono comprendere di Van Gogh, dell’insofferenza e della personale rivolta con cui ha impregnato le sue tele? L’unica bellezza per loro concepibile ha le sembianze di una griglia grigiastra, la griglia di norme e leggi che reggono l’impalcatura traballante di questo mondo opprimente.
Ma il senso di certi gesti dà la temperatura morale di un’epoca più di altre. La polizia che carica operai e studenti nelle città, o che gasa la popolazione intera di una valle in lotta, non stupisce più nessuno. Ma l’immagine di una squadra di scarafaggi neri che si aggira rabbiosa tra le tele di Van Gogh e Gauguin, con manganello e pistola alla cintura, rimanda ad altro. Ci si potrebbe limitare a sorridere della loro figura di merda. Ci si potrebbe anche compiacere del fatto che s’incazzino tanto per qualcosa che normalmente viene considerato superfluo e innocuo come l’arte. Ma la realtà è ben più triste e ricorda altri cupi tempi.
Ai solerti quanto ignoranti questurini ricordiamo che “da che mondo è mondo”, ovvero da quando questo mondo di merci e alienazione ci perseguita, una certa arte ha sognato e progettato la sovversione totale: realizzare la bellezza in un nuovo stile di vita di un mondo alla rovescia, reinventare la vita.
Qualsiasi cosa abbia avuto valore come arte ha sempre gridato la sua richiesta di essere realizzata e vissuta.
Fin da quando Courbet cominciò cercando di vendere i suoi quadri sotto un tendone in giro per la campagna e finì come sovraintendente alla distruzione della colonna Vendome durante la Comune di Parigi, e Mikhail Bakunin, durante l’insurrezione di Dresda del 1848, proponeva senza successo di saccheggiare il museo cittadino e di mettere i quadri sulle barricate per dissuadere la polizia dall’aprire il fuoco…
Chissà che la prossima visita ad una mostra non avverrà in condizioni simili e che questa promessa della storia rimasta in sospeso finalmente non si realizzerà.
Nel frattempo bene ha fatto questo manipolo di audaci a gettare un sasso nelle acque stagnanti dell’apatia. Con la loro incursione essi hanno aperto una breccia nelle stanze dei musei e il desiderio di bellezza e libertà si è per un attimo riversato nelle strade. Rifiutarsi di pagare per realizzare desideri e soddisfare bisogni è possibile e gioioso, come, di questi tempi più che mai, riappropriarsi di ciò che serve dagli scaffali dei supermercati, viaggiare senza biglietto sui mezzi pubblici o abitare case senza pagare l’ affitto.
Un saluto affettuoso a loro.

da: Informa-Azione