All’indomani della grande manifestazione del 15 ottobre e dell’operazione di isolamento e stigmatizzazione di poche e
riconoscibili sue parti messa in atto da giornali, segretari di partito, sindacati e alcune strutture di movimento,
Retelettere si esprime rifiutando:
– Il registro dicotomico tra violenti/non violenti, buoni/cattivi, responsabili/irresponsabili su cui fa leva la
colpevolizzazione di precise soggettività politiche: tra questi il centro sociale Acrobax, con il quale, oltre ad aver
preso parte all’area di corteo indipendente del 15, abbiamo interagito nella partecipazione agli stati generali della
precarietà e ancora prima intessuto preziosi legami di riflessione e collaborazione durante l’occupazione della nostra
facoltà e, nel tempo, nella preparazione di seminari autogestiti ed assemblee pubbliche. O il movimento No Tav, che
abbiamo conosciuto direttamente, campeggiando in val di Susa, e del quale sosteniamo la lotta dal basso in difesa del
territorio e l’autonomia delle forme di organizzazione. Infine, non da ultime, tutte quelle realtà sociali che agiscono
conflitto e vengono in questi giorni ridotte a capro espiatorio.
– L’attribuzione di una presunta regia degli scontri agli stessi pezzi di movimento, così come l’accusa di aver voluto
sovradeterminare la gestione di piazza per spezzare il corteo e far saltare piazza San Giovanni.
Ci pare semplicistico e superficiale individuare come responsabili dell’esito della giornata quanti hanno, a viso aperto,
dichiarato di non condividere la scelta di piazza San Giovanni e alcune caratterizzazioni della giornata mondiale indetta
contro l’austerity.
Il dibattito sulle pratiche di conflitto nel Movimento, sulla presunta democraticità di scelte, azioni e obiettivi ha senso
se e solo se si assumono le specificità di tutte le parti in gioco. Assumere: che è il contrario di escludere. Additare,
isolare, o limitarsi a prendere astutamente le distanze non favorisce una riflessione comune.
Retelettere sottolinea l’urgenza di partire da quello che è accaduto in Piazza San Giovanni, assediata dai blindati delle
forze dell’ordine e dal loro armamentario di idranti. La violenza scatenata contro i manifestanti accorsi o brutalmente
gettati in quello spazio, e costretti a difendersi, non può passare in secondo piano.
Alle forme di violenza legittimata e messa in atto dallo Stato il 15 seguono le proposte e le disposizioni di questi giorni:
dal ripristino della legge Reale avanzata da un capo di partito, al divieto di manifestare per un mese nel Comune di Roma
fino alle misure da stato di eccezione del ministro Maroni: l’arresto preventivo o l’obbligo di garanzie patrimoniali per
eventuali danni.
Rifiutando di prestarci al gioco di quanti distinguono tra buoni e cattivi subordinando i fatti di piazza San Giovanni,
che per noi sono una resistenza di migliaia di persone alle cariche della polizia, rivendichiamo come unica divisione
possibile quella tra chi è impegnato da anni nelle lotte sociali reali e chi, da sempre, le reprime per difendere questo
sistema di sfruttamento che prende il nome di capitalismo.
Retelettere – lettere e filosofia RomaTre