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[Milano] Decoro urbano e cittadini. Ovvero come far crescere lo sbirro che vive dentro di te…

22-Mag-12

:: Piccola Nota Editoriale ::

E’ la prima volta che riportiamo una notizia di questo tipo. Diciamo che non abbiamo resistito alla tentazione di regalarvi una risata. Vedere questi coglioni all’opera è stato talmente esilarante che non potevamo non pubblicare questo post…

Enjoy cittadini…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Più di 500 scritte cancellate in quattro ore. È l’iniziativa di un gruppo di cittadini che hanno deciso di ripulire i muri e gli arredi urbani in via Vittor Pisani a Milano. Armati di solventi, lance ad acqua e vernici hanno rimosso le tag. A promuovere il ‘Clean up day’ sono stati l’associazione nazionale Antigraffiti, il comitato dei residenti Abruzzi Piccinni, l’associazione Milano Muri puliti e il consiglio di Zona 2. “L’obiettivo è di proporre esempi virtuosi – spiega Fabiola Minoletti, presidente del comitato Abruzzi Piccinni – di rendere il cittadino protagonista nella lotta contro il degrado e di riconquistare le nostre vie, i nostri quartieri, la nostra città”

da: quella merda di Repubblica

[Olga] E’ uscito il n°68 dell’opuscolo di OLGa – aprile 2012

22-Mag-12

 

Scarica il n°68 dell’opuscolo di OLGa – aprile 2012

INDICE

IL POPOLO EGIZIANO UNITO CONTRO IL REGIME MILITARE
SOSTENIAMO LA LOTTA DEI PRIGIONIERI POLITICI PALESTINESI
LETTERA DAL CARCERE DI ROSSANO SCALO (CS)
AGGIORNAMENTI DALLA LOTTA DENTRO E CONTRO I CIE
LETTERA DAL CARCERE DI SANREMO (IM)
DA UNA LETTERA DAL CARCERE DI CAGLIARI
CRONOLOGIA SULLA LOTTA CONTRO IL TAV
NO TAV: PROCESSO ALLA BAITA CLAREA RINVIATO AL 18 LUGLIO
NINA (ELENA) E MARIANNA: LA PRIMA UDIENZA NON SI SCORDA MAI!
LETTERA DAL CARCERE DI SALUZZO (CN)
LETTERE DAL CARCERE DI SAN VITTORE (MI)
LETTERA DAL CARCERE DI TORINO
LETTERA DA UN COMPAGNO NO TAV AI DOMICILIARI
LETTERA DAL CARCERE DI REBIBBIA (RM)
LETTERA DAL CARCERE DI TRAPANI
LETTERA DAL CARCERE DI PRATO
LETTERA DAL CARCERE DI MANTOVA
DA UNA LETTERA DAL CARCERE DI TERNI
LETTERA DAL CARCERE DI VELLETRI (RM)
15 OTTOBRE 2011: TRA REPRESSIONE E CACCIA ALLE STREGHE
ROMA: 14 DICEMBRE 2010: UN ANELITO DI LIBERTÀ
GENOVA 2001: A LUGLIO LA CASSAZIONE PER I COMPAGN*
PARTECIPIAMO AL PROCESSO AI COMPAGNI ARRESTATI IL 12 FEBBRAIO 2007
ANSALDO E FINMECCANICA: VITTIME DEL TERRORISMO?
PROCESSO AGLI ANTIRAZZISTI TORINESI PRIMO ATTO
UDINE: COMUNICATO SULLE PERQUISIZIONI A TRIESTE
PERQUISIZIONI A ROVERETO E A TRENTO
BOLOGNA: RINVIO A GIUDIZIO PER I COMPAGNI DEL FUORILUOGO
RAVENNA: ANCORA REPRESSIONE E RAZZISMO
BOLOGNA: SGOMBERATO SPAZIO OCCUPATO NO TAV
ROMA: SULL’OCCUPAZIONE E LO SGOMBERO DI VIA PRENESTINA 44
NAPOLI: SUL PRESIDIO DAVANTI ALLA SEDE DI EQUITALIA
CAMPAGNA DI CUNEO: SGOMBERATI I RACCOGLITORI DI FRUTTA

[Radiocane] Corrispondenze No Tav – Con le mani, con la testa , col cuore. Vol.II

21-Mag-12

La scarcerazione di molti degli arrestati del 26 gennaio non deve far dimenticare che, a oggi,
ancora quattro compagni sono in galera: Maurizio, Juan, Marcelo e Alessio. E che le altre forme di
limitazione della libertà restano una modalità per istituire distanze tra potenziali complici. Ma non
c’è provvedimento di qualsivoglia magistrato che possa soffocare la determinazione di chi lotta.

Scarica il file (tasto destro e salva)

Scarica l’intervista completa a Guido

Lettera di Alessio

da: Radiocane

Animaux Vivants – Chroniques d’une vallée en lutte

21-Mag-12

ANIMAUX VIVANTS

CHRONIQUES D’UNE VALLÉE EN LUTTE

TRADUZIONE FRANCESE DI:

ANIMALI VIVI
CRONACHE DA UNA VALLE IN LOTTA

(ANIMALI VIVI – Cronache da una valle in lotta)

à télécharger en :

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[Zut] Il soggetto e il movimento…

20-Mag-12

[Insorgenze] Vedrete questo logo per molto tempo ancora

20-Mag-12

DIREZIONE “CASA DI RECLUSIONE REBIBBIA – ROMA”

Vis Bartolo Longo, 72 – 00156 Roma. Tel. 06415201, fax 064103680

RELAZIONE DI SINTESI

In data odierna si è riunito il Gruppo di Osservazione e Trattamento, nella seguente composizione:

Direttore di Reparto Dott.ssa A. T.                                                                       Presidente
Funzionario giuridico-pedagogico A3F1, F. P.                                                   Segretario tecnico
Vice Responsabile di P.P. di Reparto, Isp. G. B.                                                Componente
Asistente sociale L. R.                                                                                              Componente

(si allega copia di relazione del 09.02.2012 dell’UEPE di Roma, quale parte integrante della presente)

La riunione si è tenuta al fine di redigere relazione di sintesi sul detenuto semilibero PERSICHETTI Paolo, nato il 06 Maggio 1962 a Roma, per l’Udienza di discussione dell’Affidamento in prova ai Servizi Sociali, prevista per il 05.05.2012 dinanzi al Tribunale di Sorveglianza di Roma

Il Persichetti, ammesso a fruire della Semilibertà il 23.05.2008 dal Tribunale dì Sorveglianza di Roma, è giunto in questa sede il 24.05.2008.

II 26.05.2008 è stato redatto il primo Programma di Trattamento, ed 31.05.2008 il detenuto ha iniziato a lavorare come giornalista presso la redazione del quotidiano politico “Liberazione“, sita in Roma – zona Castro Pretorio: occupazione tuttora svolta.

Va subito detto, circa il lavoro e le sue logiche implicazioni, che ovviamente il soggetto gode di una legittima possibilità di esternare e dibattere, la quale gli consente di prendere e manifestare posizioni che riflettono un’idea (qualcuno ha detto, piuttosto, un’ideologia).

Tale condizione gli ha consentito e gli consentirà di effettuare legittimamenteesternazioni che a taluno (vedasi su internet) sono parse, come detto, ideologiche ed immorali: ci si riferisce, nello specifico, alla difesa del Persichetti della decisione presa alcuni mesi fa dall’allora Presidente del Brasile, Ignazio “Lula” Da Silva, di non estradare in Italia il terrorista Cesare Battisti.
Prendendo lo spunto dalla vicenda in questione, sui medianacque un dibattito sugli “anni di piombo” sulla posizione assunta allora ed ora dalle Istituzioni e sulle vicende personali di alcuni terroristi.
Nell’ambito di tale dibattito, tra l’altro, dal soggetto furono poste su internet – e sono tuttora acquisibili – riflessioni condotte dal Persichetti anche in ordine alla propria vicenda, per certi aspetti simile a quella di Battisti, fuggito anch’egli in Francia. Si tratta di alcuni articoli e di almeno un’intervista radiofonica.

Si premette ciò in quanto i contenuti e le valutazioni di cui si è detto, le quali ovviamente riflettono un’idea e quindi anche una certa “difesa” del passato, da parte del soggetto, da un lato possono indicare in lui la presenza o meno di una revisione critica ma , dall’altro, rappresentano la concreta attuazione del Programma di Trattamento, caratterizzato proprio dalla previsione poter svolgere da parte del soggetto l’attività giornalistica, caratterizzata proprio dal diritto di espressione e limitata uniocamente dalla commissione di illeciti civili e/o penali (si dirà più avanti della querelle tra il Persichetti e lo scrittore Roberto Saviano).

[…]

Si è accennato alla diatriba con lo scrittore Roberto Saviano.

All’inizio del 2011, come riportato sulla stampa e in internet (che ospita vari articoli al riguardo), si è verificata una schermaglia tra il Persichetti ed il suo editore da una parte, ed il Saviano dall’altra: schermaglia originata da affermazioni di quest’ultimo sul caso dell’omicidio di Giuseppe Impastato, affermazioni ritenute dalla controparte false o, quanto meno, superficiali.

La vicenda è sfociata nella presentazione di una querela per diffamazione da parte del Saviano nei confronti del Persichetti e del suo editore. La Direzione dell’Istituto ne è stata informata formalmente dalla Polizia di Stato con nota del 17.02.2011.

Il 02.03.2011 il Persichetti, durante un colloquio col Direttore di Reparto sulla vicenda, è stato da questi invitato a produrre gli articoli relativi alla querelle, al fine di fornirgli un quadro della situazione.

La richiesta è stata percepita come atteggiamento “censorio” che per tutta risposta ha detto chiaramente che gli scritti sono liberamente accessibili su internet e che non vedeva la necessità di doverli produrre lui.

Si è pertanto ritenuto di dover informare dell’accaduto e dell’atteggiamento tenuto dal semilibero il Sig. Magistrato di Sorveglianza.

[…]

A questo punto è doveroso rappresentare quanto segue.

La forma mentis del Persichetti lo conduce ad avere talora, un atteggiamento “paritario” (anche se tale aggettivo rischia di acquisire una valenza negativa) nei confronti di un’Amministrazione verso la quale, comunque, egli deve rispondere del proprio comportamento e non trattare da pari: il tutto, ovviamente, nel rispetto del diritti della persona.

Talora però nel soggetto pare vi sia una difficoltà a rendersi conto che, a differenza di quanto accade in un rapporto tra persone fisiche, rapportarsi con l’Amministrazione richiede una diversa “dialettica”, fatta – anche obtorto collo – di una puntuale esecuzione delle direttive o anche, delle sole indicazioni fornite dalla stessa e dai suoi operatori.

[…]

Il GOT pur prendendo atto senz’altro atto di una buona evoluzione dell’andamento della misura, ritiene proficua l’effettuazione di un ulteriore periodo –anche breve – di osservazione, al fine di consentire al soggetto di consolidare un percosro le cui premesse sembrano positivamente avviate.

Roma,  lì 16 aprile 2012

L’estensore

Funzionario giuridico-pedagogico A3 F1
F. P.

Per il Gruppo di Osservazione e Trattamento
IL DIRETTORE DELEGATO
Dott.ssa A. T.

[Trieste] L’ufficio epurazione della questura

19-Mag-12

Alina ha 32 anni quando muore nel commissariato di polizia di Opicina a Trieste.
Tre giorni prima era stata prelevata da una volante della questura all’uscita dal carcere, dove aveva trascorso gli ultimi nove mesi, per una condanna per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Alina non era una passeur prezzolata ma una persona solidale con altri immigrati come lei.
Alina non era in stato di fermo né di arresto: è stata quindi detenuta illegalmente.
Decide di uccidersi. La sua agonia durerà 40 minuti sotto gli occhi delle telecamere della questura, ma l’agente di guardia non trova un minuto per dare un’occhiata. Un suicidio “assistito”.
L’inchiesta per la morte di Alina scoperchia un vaso di pandora, che dimostra che le detenzioni illegali sono una pratica diffusa nella questura triestina.
I migranti sono sistematicamente sequestrati in previsione della loro espulsione.
Carlo Baffi, dirigente dell’ufficio immigrazione della Questura di Trieste, è attualmente indagato per sequestro di persona e omicidio colposo.
Forse non è un caso se nella perquisizione disposta dal Pm, nell’ufficio e nella abitazione di Carlo Baffi, vengono trovati e sequestrati libri nazisti e fascisti, libri di difesa della razza e “come riconoscere il giudeo”, poster del duce e simboli nazifascisti.
Baffi aveva messo nel suo ufficio, sotto gli occhi di tutti i suoi colleghi, la targhetta “Ufficio Epurazione” con l’effige di Mussolini.
Oltre ad Alina Bonar Diachuk altre 49 persone sono sequestrate allo stesso modo, i fascicoli sono stati sequestrati nell’ufficio di Baffi e adesso si stanno facendo le ricostruzioni necessarie.
Oltre duecento persone hanno partecipato al presidio sotto la Questura di Trieste svoltosi mercoledì 16 maggio.
Ne abbiamo parlato con un compagno di Trieste, Federico, che ha messo in rilievo come la pressione sulle istituzioni possa ridurre la violenza e gli abusi sistematici della polizia nei confronti dei migranti, ma, senza l’eliminazione di frontiere e leggi razziste, difficilmente ci sarà una reale inversione di tendenza.

radioblackout

[Firenze] Cade il 270 bis, pesanti condanne per occupazione e deturpamento [sulla sentenza del 15/5/12]

19-Mag-12

riceviamo e diffondiamo:

Eh sì, una “stringata e mesta velina” è davvero troppo poco per descrivere il senso della sentenza del 15 maggio. Raccogliamo volentieri l’invito a dire due parole in più.Cominciamo dalle buone notizie: la raffazzonata montatura contro i 19 anarchici di Firenze ordita dalla Digos e dalla pm Pietroiusti è miseramente caduta.
Nessun riconoscimento del reato di associazione sovversiva, dell’aggravante eversiva e terroristica, dell’accusa di possedere armi da fuoco mai ritrovate, delle ridicole intercettazioni e delle loro grottesche interpretazioni. Caduta  – per l’unico compagno che ne era imputato – l’accusa di aver preso parte all’irruzione negli uffici Enel del settembre 2006. Caduta anche l’accusa – penalmente piuttosto rilevante – di “attentato ai diritti politici dei cittadini” per le scritte sui seggi elettorali delle primarie PD.Tuttavia, sul poco che è rimasto in piedi, non si può certo dire che giudici e giurati ci siano andati leggeri. A parte 3 compagni prosciolti da ogni accusa, 13 compagni sono stati condannati a 14 mesi di reclusione per l’occupazione del vecchio Panico di piazza Ghiberti, due compagni sono stati condannati rispettivamente a 16 e 20 mesi, un altro ancora a 3 mesi. Tutti senza condizionale, anche gli incensurati. Quasi 20 anni di galera per l’occupazione di una casa e 20 seggi imbrattati, più 5000 euro di risarcimento all’ex sceriffo-assessore Cioni che i tribunali fedeli al PD non permettono, con tutta evidenza, di sbeffeggiare.
Il perché di tanto accanimento non è difficile da capire. Questa inchiesta, fino ad oggi, ha prodotto un unico effetto a Firenze: dimostrare che l’unico, vero TERRORISTA E’ LO STATO, quello Stato che una volta di più ha dimostrato di poter usare ogni mezzo per sbarazzarsi di alcuni suoi nemici giurati. Condannarci per “terrorismo” era insostenibile. Distribuire due decenni di galera alla gentaglia che protesta senza autorizzazione, che occupa case e piazze, che imbratta i seggi del partito-Stato di Firenze, che odia gli sbirri e sbeffeggia i potenti, no, purtroppo non è insostenibile.
E’ perfettamente coerente con la logica di questi tempi infami, che vedono gli uomini di Stato e Capitale sguazzare nell’arroganza e nell’impunità, mentre tutti gli altri devono solo strisciare in silenzio.In un modo o nell’altro dovevano farci scontare il nostro essere anarchici, la nostra assenza orgogliosa dalle aule del tribunale, la complicità che ci unisce e non ci fa mai fare passi indietro, l’aver contestato con forza il processo trasformando le udienze in occasioni di lotta e di denuncia.Non sarà certo una condanna di più a farci cambiare strada. I tempi sono duri e non siamo certo i soli a prendere colpi dallo Stato.
Sempre meglio prenderli in piedi che in ginocchio, poco ma sicuro. Continueremo a cercare occasioni per restituirli al mittente.alcuni dei processati

[Salonicco] Communismos – “Diffondere l’anarchia per vivere il comunismo” – Fabbrica Yfanet

18-Mag-12

Communismos 2.0 calling

Festival  

 

Communismos 2.0

     

From circulation of capital, patriarchy and nationalism

to circuation of struggles, commons and micro communisms

   

 

25-27 May 2012

at Fabrica Yfanet squat

 Thessaloniki – Greece

 

call for participation

We helplessly stand and watch our lives sink day by day. Unemployment, weakness to face the boss, new austerity measures, dilemmas, bullying, austerity measures, sacrifices, words like “Now, it’s not time for…”, stricter austerity measures, disappointment, frustration, even more measures. Isn’t this what they call crisis after all?  Conventions made by people in time of crisis now seem vacant, deprived of any significant meaning, just words to nag about as things do not seem to take a turn for the better. But before crisis is being presented out of context, they had to give it a different meaning. Over the years, the media worked at full speed to present the crisis as something sudden and inevitable, as something ugly and unexpected that sounds the alarm and puts everybody in great danger. But, no worries, it is presented as a natural phenomenon, like a storm that hits with vengeance for a while before it gives in to yet another bright, sunny day, so the only way to overcome such calamity would be to put aside our unreasonable demands and wear our bodies off working. A nice picture, indeed, but it leaves us in dark about the causes, the consequences and the political exploitation of the crisis. And much more, it tells us nothing about what is ultimately in crisis today. Against naturalization and misleading simplifications regarding crisis, we believe that it exists, it is amplified and reflected in everyday social and class antagonisms. Speaking of crisis, one must surely have in mind that it is the difficulty the capital faces to form relations in its own terms. What is being debated here, is the ability of the capital (as relation and as value- in motion) to reproduce along with the social relations and anthropological types that it bears and formulates. Although crisis refers to the state, to bosses, to others, it also includes us, as we too are being exploited in the realm of capital-relationships.

Simultaneously however, but fortunately for us, crisis is an open-ended critical category, which does not only mean catastrophe, but also possibilities. Today, more intensely than ever, this slippery ground is the place where the circulation of capital, patriarchy and nationalism is tested and matched against the circulation of struggles, commons and microcommunisms. Two worlds face to face with each other, or better, a world facing its negation. One that is trying to restore and uphold the existing order by facing the actual movement that seeks to abolish it.

We think that the most suitable name for this world is capitalism. We see it today as it asserts itself through accelerated restructuring and overly intensive processes of primitive accumulation, while being consolidated with the intensification of gender oppression, homophobia and masculinity. We experience first hand the restoration of order via a status of emergency, a shock doctrine and the manu militari management of social movements. Realities, such as widespread precarity, terrorizing labour conditions and unemployment is how this world manifests in our lives. More particularly, we witness this in gentrified metropolitan centers, in fortified suburbs, at the gold mines of Chalkidiki, at new witch hunts of immigrants. We also see it in the transformation of european countris into a vast concentration camp, a Dachau for immigrants, who have to surmount towering border fences, while at the same time, trafficking and ovary trade pass through border controls with ease. Let us not forget that this world also lies under the mask we wear to perform our gender and racial roles, under the phantasmatic objectivity of value that rests in our lives for some self-valorization. It is embodied in claims for intellectual property, in efforts to enclose freedom of the internet and it lives off deterministic pseudo-dilemmas whether one is for of against the memorandum (in Greece), sides with left or right patriotism, chooses between staying with the euro or embracing chaos.  All these are before us and they never fail to remind us of the grim outcome that is in store for us if we don’t stand our ground, if we don’t try to build collective disengagement routes.

On the other hand, we listen attentively for the echo of riots and uprisings around the globe to reach us, as their rough or sweet melodies are transmitted from one social place to the other. This sad world falls into doubt when we block its restructuring and deny to live a life in poverty. When we refuse to become more productive, to wake up early for work, to discipline our choices to  “highly esteemed degrees”, to be accredited merely by our work and how much time we spend doing it. Capitalism is judged when workers take over factories and their strike is above any kind of mediation mechanism. When schools are no longer places where capitalism can peacefully reproduce, as students take over them to miss class and therefore hinder the intensification of their lives. In times when class forms through collective struggle and in times when that class doubts its existence. When a square is under occupation, when people march in solidarity, work together in neighborhood collectives, furthemore in immigrants’ struggle for survival and dignity and when people comradely look at each other. Moreover, when people don’t pay the bus fare, when they refuse to pay the “charatsi” (special tax imposed on greek home owners via the electricity bill), when neighbors lock their electricity power boxes to prevent the electric company from cutting power off, and when they meet again to block hospital cashier desks. When we throw stones at a demonstration, when we take the initiative to reduce supermarket prices, when we block the circulation of commodities. When our bodies are meaningful, when we question our gender oriented roles and our sexuality, when we stop idolizing ourselves, when we smash the mirrors of normality and break out to live the life that was given to us. It is then when we make the world turn upside down and bring back home our firm belief that history does not write itself, but it is written by people. The issue then is to sort out those historical moments from which we can draw strength. Strength for refusing, strength for being creative. Alongside all these, there is also the patient building of a different way of doing things, the creation of different forms of social organization and collective struggle. Cooking and eating together, sharing metropolitan parks, places to meet and squats, vegetable gardens at former military camps, independently organized radio stations, organizing self study sessions and lessons, setting up printing facilities, educating through parity and solidarity procedures, living together in occupied buildings, sharing a network and a mutual support fund.

Starting from all these moves, some bigger or more apparent than others but all equally significant, we accept that they do not compromise capitalism as a whole. We nevertheless aim to find their common connections and their continuity among them, to detect those features that point to an eminent destruction of capitalism. What is precious are the communities we create for our struggle, the communist gestures, the attack at the capitalist reasoning. They are glimpses of what is yet to come. The total denial of what means to steal our lives, the demolition of a world that writhes in crisis. Some have named this communism. For us it is important to start uttering this word.

 

Aims, organization and content of Communismos 2.0 

 

In the above context we believe that it is important in critical times like these to articulate our theoretical tools gained from our experience as political subjects in a number of people’s movements and from our knowledge of setting up multiple ventures. The proposed conference-festival Communismos 2.0 seeks to help towards that direction. Certainly our intention is far from considering Communismos to be a semi-institutionalized organ of struggling communities, of people who are in struggle, of commons, of insurgents everywhere. However, we share the agony for the need to collectively discuss on forms and contents of struggle, to meet as political subjects having possibly the opportunity to collectively negotiate as a movement our fighting ground. Picking up the thread from last year’s festival, we believe it is essential to continue this legacy of talking about movements, depositing views and contents. So, this year we take again the initiative to organize Communismos 2.0 in Thessaloniki (Greece) at Fabrica Yfanet squat, however we wish for collectives in other cities to take their own initiative to organize such a conference themselves.

At this point, before we unveil the proposed schedule of this year’s Communismos we find it imperative to present a brief review and critical evaluation of last year’s conference. Those three days last May (27-29/5/2011) had been full and enjoyable. Three days during which participants had the opportunity to meet, share experiences, exchange viewpoints and deposit their thoughts. Three days that helped the circulation and critical analysis of struggles, three days that contributed to people getting acquainted with new ventures and participating in a process, surely fragmental but also pleasant and useful, where they were given the chance to map the reasons for our movements and arm themselves with theoretical and analytical tools. We state here, that we are committed to distribute to this year’s participates full reports of last year’s talks and procedures.

Nevertheless, at this point we would like to mention some weaknesses or negligences that we would like to amend this year.

-The general concept of last year’s themes and introductions to talks, as they were instructed by our first call for participation. It is our great concern to finely define this year’s issues so that discussions become more specific, more usable and fruitful.

-At set discussions, the presentation of different ventures frequently included just a simple presentation of their basic lines. We would like this year’s discussions to be enriched beyond the requirements of a plain presentation of ones aims, and make an effort to take stock of our actions, track down the things that help us move forward as well as our inhibitions that take us back. In this way we can draw informed conclusions about the future.

-The way we organized our talks following a pattern of centralized events which included densely written, lengthy presentations has proven difficult to follow by many participants and therefore prevented people from more actively taking part in the discussions. So, this year we propose decentralized discussions in the form of parallel thematic “workshops”. The proposed format will encourage a more familiar and friendly, collective atmosphere that was hindered last year by lengthy and impersonal viewpoints.

-Last year’s “loose” planning with long delays preceding discussions and the rush at the end of them makes us accountable and responsible to keep this year a tighter time schedule, requiring early attendance and fixed closing times.

-Lastly, we will make sure we improve parallel, supporting structures, such as accommodation, collective cooking and dining, as well as more creative ways to enhance our child-care facilities.

 

According to everything said here, we invite political groups, collectives, base unions, neighborhood collectives, students’ groups to take part at Communismos 2.0 on 25th-27th May 2012 in Thessaloniki (Greece), at Fabrica Yfanet squat.

Schedule and Structure

 

By structuring this year’s conference we seek to make it as flexible as possible, more specific and more participatory. For this reason this festival is spread in three days. The focus of the first two days is on movements relating to production and reproduction and what surrounds them. At the last day the focus shifts to more theoretical issues, with the intention to reflect on what has been done, but maintaining the relative autonomy that theory must have. We propose to collectives that wish to take part to choose one or more of the scheduled theme discussions-workshops and prepare up to 15′ minutes talks so that there is plenty of time left for discussion. Furthermore, we urge participants to have their contributions in print so that delegates would be able to consult them during the discussion at any time. The suggested topics that follow are indicative and in no case final. Our intention for the schedule is to make it more specific as applications for participation and proposals by collectives start coming in.

 

 

 

 

 

Proposed schedule

 

Friday 25th May

The battle in-out of-and beyond employment

-Labour precarity – forms of action (strike, general strike, interventions, blockages, direct action, institutionalized negotiations and beyond them)

-The condition of unemployment, forms of organization and action

-Student and labour struggle at the university

-Labour and gender

-Immigration:

immigration and aspects of the immigrant movement

potential meeting points of struggle for immigrants and locals

-Cooperative forms of labour in a time of crisis (a critical approach)

                     

 

Saturday 26th May

Local movements, neighborhood collectives

-The possibilities and limitations of movements about the environment (landfills, mines, wind farms, dams and water projects fencing, biotechnology, etc.)

-Neighborhood collectives in struggle about health issues, electricity, municipal taxes, etc.

-The square occupation movement, “indignados”, an evaluation

-Structures of social solidarity and reproduction: their relation to resisting movements, their limits, contradictions and perspectives (collective kitchens, give-away bazaars, self-studying and social tutoring, barter structures, etc.)

 

Sunday 27th May

The meaning of communism

-Considering patriotism and national communities as a response to crisis

-Riots and uprisings as expressions of social unrest: their boundaries and the possibilities to overcome them

-Approaches to communism and its current strategies. Does communism lie in relationships based on sharing, in forming and defending what we have in common, in times of defetishisation or in the borderlines of today’s movements? Is it relevant today or a remnant of the past?

-Political and Social: limits and possibilities of political collectives and their relationship to social movements

-Estimates of restructuring: whether capital adopts as an immediate strategy the devaluation of labour, what are the long-term trends? (new technologies, new forms of exploiting social cooperation)

we look forward to your proposals by the 7th May 2012

contact e-mail: contact@communismos.com

let us not forget

«to spread anarchy – to live in communism».

 

Fabrica Yfanet

Thessaloniki, 4/4/2012

contact@communismos.com,

www.communismos.com

[Filosofia] L’amico – G. Agamben

18-Mag-12

“L’amicizia è la condivisione che precede ogni divisione,

perchè ciò che ha da spartire è il fatto stesso di esistere,

la vita stessa.”

 

 

Scarica il pdf:

 Agamben-L-amico

Comunicato dei prigionieri di San Vittore

18-Mag-12

Comunicato dei prigionieri del carcere milanese di San Vittore, aprile 2012. Ricevuto e diffuso dalla redazione di OLGa

A chi ci legge:
chi scrive è un gruppo di prigionieri attualmente chiusi a San Vittore.

Si dice: le carceri sono sovraffollate, perciò la condizione delle persone dentro è diventata disumana. Si arriva a chiedere un’amnistia o anche solo un indulto o comunque un atto di clemenza per riportare un po’ di umanità nelle condizioni interne.
Il governo dice qualcosa di fumoso mentre nel concreto, con il sostegno del parlamento, aumenta le pene in quantità (es: oltraggio, possesso di droga, “spaccio”, recidiva ecc…ecc…) e in tempo di galera. Lo Stato insomma affolla le carceri con delle leggi che criminalizzano atti, comportamenti, scelte imposte dalla crisi ad un crescente numero di persone, immigrate comprese, colpite dal licenziamento, dall’impossibilità di trovare un lavoro, dalle tasse, dal crollo della busta paga ecc…ecc…
riteniamo importante, per contribuire alla conquista di qualcosa di concreto, rivendicare un’amnistia però generalizzata a tutti i “reati”; mettiamo in secondo piano l’indulto perchè, a differenza dell’amnistia, prevede in caso di ri/arresto nei successivi cinque anni il ripristino delle pene condonate.
Vogliamo specificare le conseguenze che rendono ancora più importante la lotta contro la criminalizzazione e la necessità del carcere.
Sovraffollamento delle carceri significa sovraffollamento delle celle, cioè, impossibilità pressoché totale in cella di movimento fisico, d’intimità, di attenzione, rispetto proprio e di chi è concellino (coinquilino strettissimo); un bagno, un rubinetto per sei o nove persone; impossibilità di lettura, studio, scrittura, riflessione; supremazia del rumore addomesticante della tv; l’igiene è un terno al lotto. Sovraffollamento vuol dire anche sovraffollamento del cortile dell’aria dove ginnastica e calcio sono difficili perchè in contrasto con la densità delle persone in piccoli spazi, con l’assenza d’acqua corrente, con i cessi intasati e puzzolenti; vuole anche dire intasamento e ingiallimento spaventoso delle doccie.
A questa situazione va unito, per essere completata, quanto segue:
pestaggi e umiliazioni praticati dalle guardie contro chi non accetta di essere trattato come uno schiavo, come e meno di un animale; trattamento questo che colpisce in particolare le persone immigrate perchè in generale mancano di sostegno diretto di famigliari e aggravato dall’assenza della lettura, della visione poiché a San Vittore vengono venduti solo giornali e riviste in italiano e la tv diffonde solo programmi in italiano (Mediaset, La7, Rai);
la brutale distribuzione della colazione e degli altri pasti perchè compiuta senza mestoli, pinze, recipienti con rubinetti;
la riduzione delle ore d’aria dalle quattro ore al giorno ministeriali a tre, a volte ridotte perchè in quelle ore è compreso il tempo della doccia;
così si è chiusi in cella 2×4 metri quadrati in 5-6 persone per 21 ore al giorno;
spesso i prigionieri catalogati “malati psichici” o comunque da tenere sotto stretto controllo, vengono costretti in una condizione di vero e duro isolamento, senza fornello, impossibilitati a scambiare cibo, parole, una condizione che spesso finisce nella tragedia del “suicidio” – com’è successo nel febbraio scorso anche in questo carcere ad Alessandro Gallelli.

Del resto queste ultime “malattie” vengono generate da tensioni psicologiche proprie alla coercizione carceraria, aggravate dalla pressione fra prigionieri, fra questi e il comando. In una parola il carcere ammala, uccide; è tempo di liberarsene.

San Vittore, aprile 2012

[Firenze] Cade l’associazione sovversiva nel processo contro gli anarchici

17-Mag-12

In attesa di maggiori informazioni e riflessioni sul cedimento dell’ennesima inchiesta per “reati associativi” contro realtà conflittuali sul territorio italiano, nel caso specifico attraverso lo strumento repressivo del 270bis(associazione sovversiva) contro compagne e compagni anarchici a Firenze, pubblichiamo una stringata e mesta velina.

FIRENZE, 15 MAG – Sedici persone che erano accusate di far parte di un gruppo ”ispirato all’ideologia anarco-insurrezionalista” e di aver compiuto a Firenze un’occupazione, danneggiamenti, e minacce contro esponenti politici locali, sono state condannate a Firenze con pene che vanno dai tre mesi a un anno e 8 mesi. Tre gli assolti. Per tutti e’ caduta l’accusa di associazione sovversiva ‘con finalita’ di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico’. Le condanne sono per occupazione e deturpamento. (ANSA).

 

da: Informa-azione

[Roma] Ieri in Municipio XII, al Laurentino 38

17-Mag-12

Volevano fare teatrino, si sono presi gli insulti. Ed è ancora poco.

Municipio XII, quello dei quartieri come Spinaceto, Decima e Laurentino 38 da una parte e delle sfavillanti vetrine dell’Eur dall’altra. Quello dei ponti abbattuti con la gente mandata a vivere dentro i residence e del centro commerciale più grande d’europa. Quello del punto verde qualità di Spinaceto oggetto di impicci ed imbrogli e della nuvola di Fuksas che non si sa bene quanto è costata. Quello del Business Park e del regno di Parnasi.

E’ un pomeriggio di Maggio, il 15 per la precisione. Una consigliera in quota Udc ha promosso un incontro sulle piccole e grandi opere inerenti la mobilità nel territorio. Invita a parlarne il vice-presidente della regione Lazio eletto nell’Udc, Ciocchetti, il capogruppo Udc al Comune Onorato, e un dirigente Atac, Cioffarelli, nominato ovviamente sempre in quota Udc. Insomma, a un anno di distanza dalle elezioni amministrative, fanno le prove tecniche di campagna elettorale.

Peccato che gli siano andate male.

Succede infatti che dopo qualche minuto di litania della consigliera Barbato, alcuni abitanti presenti esprimano il loro punto di vista, interrompendola, inveendole contro e tacciando lei e gli altri politici presenti di essere al servizio dei costruttori, degli speculatori e degli interessi dei poteri economici forti della città.

E’un attimo che la maggior parte dei presenti comincino ad unirsi con delle simpatiche e colorite invettive.

Come già detto, l’oggetto dell’incontro è infatti lo stato dell’arte di alcuni lavori e progetti inerenti la mobilità e sono presenti diversi comitati che si oppongono agli stessi. Non manca quindi l’occasione per sottolineare l’ipocrisia di questi signori in giacca e cravatta e signorine in tallieur, che con il loro goffo tentativo avrebbero voluto sviare l’attenzione dal problema reale: in questa città nel traffico si muore e la città stessa per come è pensata impone ai suoi abitanti tempi improponibili per spostarsi. Non può esserci opera destinata a risolvere il problema, se non si pone alla base una critica stessa del modello di città, che in altre parole vuol dire: basta cementificazioni, basta automobile, basta produrre e lavorare per il profitto di pochi.

In questo quadro l’aumento del biglietto dell’Atac e il piano industriale dell’azienda più in generale vanno in un’altra direzione: gli spostamenti all’interno della città non sono un bisogno da soddisfare in base alle concrete esigenze di una collettività, ma un prodotto, una merce, che deve obbedire alle regole di bilancio, quando però non ci siano ragioni di famiglia o di amicizia imposte dai padrini politici dei diversi dirigenti atac.

Detto semplicemente, questo vuol dire che se la cantano e se la suonano come gli pare e che ci stanno riccamente prendendo in giro. Quando la consigliera ormai paonazza urlava che non si può sempre dire di no e chiedeva di fare proposte, qualcuno ha accolto il suo invito e le ha risposto: “Nun ve damo ‘na lira, annatevene via, tutti però!”

Comitato “Te sto cor fiato sur collo e prima o poi t’azzano!”

[Carcere] Comunicato dei prigionieri di San Vittore

17-Mag-12

 

Comunicato dei prigionieri del carcere milanese di San Vittore, aprile 2012. Ricevuto e diffuso dalla redazione di OLGa

A chi ci legge:
chi scrive è un gruppo di prigionieri attualmente chiusi a San Vittore.

Si dice: le carceri sono sovraffollate, perciò la condizione delle persone dentro è diventata disumana. Si arriva a chiedere un’amnistia o anche solo un indulto o comunque un atto di clemenza per riportare  un po’ di umanità nelle condizioni interne.
Il governo dice qualcosa di fumoso mentre nel concreto, con il sostegno del parlamento, aumenta le pene in quantità (es: oltraggio, possesso di droga, “spaccio”, recidiva ecc…ecc…) e in tempo di galera. Lo Stato insomma affolla le carceri con delle leggi che criminalizzano atti, comportamenti, scelte imposte dalla crisi ad un crescente numero di persone, immigrate comprese, colpite dal licenziamento, dall’impossibilità di trovare un lavoro, dalle tasse, dal crollo della busta paga ecc…ecc…
riteniamo importante, per contribuire alla conquista di qualcosa di concreto, rivendicare un’amnistia però generalizzata a tutti i  “reati”; mettiamo in secondo piano l’indulto perchè, a differenza dell’amnistia, prevede in caso di ri/arresto nei successivi cinque anni il ripristino delle pene condonate.
Vogliamo specificare le conseguenze che rendono ancora più importante la lotta contro la criminalizzazione e la necessità del carcere.
Sovraffollamento delle carceri significa sovraffollamento delle celle, cioè, impossibilità pressoché totale in cella di movimento fisico, d’intimità, di attenzione, rispetto proprio e di chi è concellino (coinquilino strettissimo); un bagno, un rubinetto per sei o nove persone; impossibilità di lettura, studio, scrittura, riflessione; supremazia del rumore addomesticante della tv; l’igiene è un terno al lotto. Sovraffollamento vuol dire anche sovraffollamento del cortile dell’aria dove ginnastica e calcio sono difficili perchè in contrasto con la densità delle persone in piccoli spazi, con l’assenza d’acqua corrente, con i cessi intasati e puzzolenti; vuole anche dire intasamento e ingiallimento spaventoso delle doccie.
A questa situazione va unito, per essere completata, quanto segue:
pestaggi e umiliazioni praticati dalle guardie contro chi non accetta di essere trattato come uno schiavo, come e meno di un animale; trattamento questo che colpisce in particolare le persone immigrate perchè in generale mancano di sostegno diretto di famigliari e aggravato dall’assenza della lettura, della visione poiché a San Vittore vengono venduti solo giornali e riviste in italiano e la tv diffonde solo programmi in italiano (Mediaset, La7, Rai);
la brutale distribuzione della colazione e degli altri pasti perchè compiuta senza mestoli, pinze, recipienti con rubinetti;
la riduzione delle ore d’aria dalle quattro ore al giorno ministeriali a tre, a volte ridotte perchè in quelle ore è compreso il tempo della doccia;
così si è chiusi in cella 2×4 metri quadrati in 5-6 persone per 21 ore al giorno;
spesso i prigionieri catalogati “malati psichici” o comunque da tenere sotto stretto controllo, vengono costretti in una condizione di vero e duro isolamento, senza fornello, impossibilitati a scambiare cibo, parole, una condizione che spesso finisce nella tragedia del “suicidio” – com’è successo nel febbraio scorso anche in questo carcere ad Alessandro Gallelli.

Del resto queste ultime “malattie” vengono generate da tensioni psicologiche proprie alla coercizione carceraria, aggravate dalla pressione fra prigionieri, fra questi e il comando. In una parola il carcere ammala, uccide; è tempo di liberarsene.

San Vittore, aprile 2012

 

da: Informa-azione

[No Inc] Concerto benefit ad Albano – 18 maggio

16-Mag-12