Grecia, sconfitti i partiti dell’austerity la sinistra radicale supera i socialisti
Nea Dimokratia crolla al 19%, il Pasok al 13, scavalcato al secondo posto da Syriza. Le due maggiori forze politiche si dicono comunque intenzionate a formare un governo di coalizione, anche se non hanno la maggioranza assoluta. L’estrema destra di Alba dorata entra in Parlamento con il 7%
ATENE – Gli elettori greci hanno punito i partiti che hanno sostenuto il piano di tagli e riforme imposto da Unione europea, Bce e Fmi. La destra di Nea Dimokratia di Antonis Samaras ha il 19,1% dei consensi contro il 33,5% ottenuto nelle precedenti elezioni. Va anche peggio al Pasok di Evangelos Venizelos che ottiene il 13,3% contro il 43,9% del 2009 e si vede scavalcato al secondo posto dalla sinistra radicale (Syriza) che conquista il 16,6%.
Con questi risultati le due forze politiche che per decenni hanno dominato la scena politica greca sfiorerebbero la maggioranza in Parlamento: i conservatori occuperebbero infatti 108 seggi e i socialisti 41, ovvero solo 150 su 300, non abbastanza per formare una coalizione stabile. I leader di entrambi i partiti maggiori hanno già parlato di alleanza di governo, ma con questi numeri sarà difficile governarnare. A Syriza andrebbero 51 parlamentari.
La protesta contro le misure di austerity varate dall’esecutivo tecnico con l’appoggio di Nea Dimokratia (Nd) e Pasok premia anche l’estrema destra neonazista di Alba dorata che supera la soglia di sbarramento del 3% e entra in Parlamento con il 6,9% dei consensi. I comunisti del KKE migliorano leggermente rispetto al 2009. Entrano nell’assemblea legislativa anche i Greci indipendenti (destra) e Sinistra democratica. Al di sotto della soglia del tre per cento necessaria per ottenere una rappresentanza parlamentare Verdi, Laos (estrema destra) e Alleanza Democratica (centrodestra).
La rabbia e la disillusione dei greci nei
confronti della politica si è manifestata anche attraverso l’astensione, vicina al 40%.
La frammentazione del quadro politico era ampiamente prevista, in un Paese messo in ginocchio dalla crisi economica e alle prese con un fortissimo scontro sociale di cui il voto è specchio fedele. Il compito di formare il nuovo governo spetterà in prima battuta al partito con i consensi maggiori, che avrà tre giorni di tempo per dare vita a un governo, dopo di che il mandato passerà al secondo per altri tre giorni e poi al terzo. Se nessuna coalizione sarà formata, seguiranno nuove elezioni, possibilità che preoccupa i mercati internazionali.
Ma le dichiarazioni a caldo di Samaras e Venizelos aprono a un’alleanza tra Nd e Pasok. Il leader di Nea
Dimokratia ha proposto la formazione di un “governo di salvezza nazionale”. Ribadendo la necessità che il nuovo esecutivo avvii la ripresa per mantenere la Grecia in Europa e nell’eurozona, Samaras ha auspicato modifiche al Memorandum firmato con i creditori internazionali e ha concluso affermando di voler allargare la sua proposta a tutte le forze politiche disposte a muoversi su queste due direttrici.
Sulla stessa lunghezza d’onda il numero uno del Pasok. Dopo aver parlato di “giorno particolarmente dolorosa”, Venizelos ha auspicato che si possa formare un “governo di unità nazionale”. Parole in cui vari osservatori hanno visto un invito a Syriza a partecipare a una coalizione con il Pasok e, probabilmente, anche Nea Dimokratia.
Da parte sua, il leader della sinistra radicale, Alexis Tsipras, ha sottolineato che l’aumento di consensi per Syriza “non è un premio ad una persona o a un partito, ma alla proposta di annullare il Memorandum”. “Da domani – ha aggiunto – per la Grecia sarà un nuovo giorno. Il risultato delle elezioni di oggi rappresenta una rivoluzione pacifica contro il memorandum della barbarie”.
Minacciosi i toni usati da Nikos Michaloliakos di Alba dorata: “State attenti, stiamo arrivando. Per chi ha tradito questo Paese, è arrivato il momento di avere paura”. Quindi il 55enne leader dell’estrema destra neonazista ha citato Giulio Cesare: “Veni, vidi, vici”. E ha assicurato che il suo partito combatterà contro la “schiavitù” dell’accordo sul debito raggiunto da Atene con Ue e Fmi, paragonandolo a una “dittatura”.
(06 maggio 2012)