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[Milano] Nuova Occupazione in Ticinese

Un’occupazione non è un punto di arrivo o di partenza.

 

 

Flessibile o piede di porco a parte, le domande fondamentali erano diverse. Come aprire uno strappo nel tessuto delle infinite relazioni e separazioni, della totalità di circolazione e polizia? Come fare a sfibrare i discorsi di crisi, prendere l’austerity a calci in faccia e finalmente disfarci della questione del futuro, per esplorare qui e ora il baratro della società che si rompe?
Dovevamo trovare un luogo materiale. Un luogo occupato. Né centro sociale, né squat, né sede di un gruppo politico. Nè il #nuovonome del #nuovosoggettopolitico o la nuova espressione di una “nuova realtà” e neanche una struttura al servizio di questa o quella lotta.
Occupare per diffondere l’autonomia, per correre e riposare, per sostenere e dare continuità al ritmo della lotta.
Occupare non è una pratica del passato. Non è un mezzo come gli altri per prendersi degli spazi. Proprio perché si pone sul piano della configurazione materiale, spaziale, locale del mondo attorno a noi, perché mette in questione le forme dell’abitare proprio nel cuore dell’inabitabile, perché mina fin dalla base le due fondamenta dell’edificio del dominio: proprietà privata e spazio pubblico.
Anche se la parola d’ordine “occupare tutto” è stata recuperata dai peggiori politicanti, anche se #occupy è diventato un brand, il livello zero del marketing politico a scopo istituzionale, non dimentichiamo la potenza contenuta in ogni occupazione, che sia una casa a Roma, una scuola a Milano, una piazza al Cairo, un parco ad Atene, un porto a Oakland. Che sia per un giorno o per vent’anni.
Non dimentichiamo neanche che proprio questa zona, in cui la trasformazione della città in centro commerciale è più avanzata, ospitava il cuore pulsante del movimento delle occupazioni negli anni ’70. E’ probabilmente la frazione di Milano in cui la sconfitta dell’ipotesi rivoluzionaria sembra più palese.
Appunto. Non vediamo il passato come una somma di memorie, ma come una costellazione di potenze non compiute, di indicazioni per l’oggi. I quartieri possono esistere solo se li costruiamo, intensificando gli incontri, la circolazione, combattendo il regno dell’indifferenza. Soprattutto laddove sembra impossibile.
Non vogliamo né centralizzare né socializzare la lotta. Vogliamo che si diffonda un piano di condivisione autonomo delle vite, che le occupazioni si moltiplichino ovunque. Come i blocchi sull’A32.
Si è detto che le lotte contro la linea ad alta velocità abbiano collegato Lisbona a Kiev molto prima del progetto infrastrutturale. Ci auguriamo che questo posto possa essere uno scalo di questo tracciato offensivo, che sia un terminale tra tanti nella filiera di mezzi, luoghi e conoscenze. Un passante attraverso la metropoli infinita. Un invito a viaggiare verso ogni destinazione possibile.
Un’occupazione non è un punto di arrivo o di partenza.L’occupazione è una questione di continuità.
Venite a trovarci nei prossimi giorni:
> venerdì 30 marzo – ore 21 – cena di inaugurazione nel giardino
> sabato 31 marzo – ore 16 – pomeriggio con musica e affreschi murali
> domenica 1 aprile – ore 16 – assemblea aperta di presentazione del posto
via scaldasole angolo corso di porta ticinese │milano│tram 3 o 9 piazza 24 maggio